Per giungere alla Pace, Educare alla Pace

A voi tutti che desiderate la Pace! La grande causa della Pace tra i popoli ha bisogno di tutte le energie di Pace presenti nel cuore dell'uomo.

Giovanni Paolo II (1979)

Archivio

Lo scandalo del Latte. Puntata di Annozero del 9 giugno 2010

La puntata di Annozero del 9 giugno 2010 ha messo il dito nella piaga della crisi agricola, non solo italiana, ma anche europea, e ha evidenziato la totale mancanza di informazione per il consumatore. Decine e decine di piccole aziende agricole rischiano di essere travolte per il crollo del prezzo del latte. La grande industria e la grande distribuzione minacciano il cuore pulsante del Made in Italy e rendono molto difficile distinguere la qualità del cibo che mangiamo ogni giorno. La stessa identità del territorio è minacciata dallo sviluppo drammatico di questa crisi.

Guardate la puntata al link: http://www.annozero.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-824b4728-32ea-4542-9c3b-23b9ad5c6652.html

Cibo,economia e benessere. Serata Lions Club a Castel San Pietro (Bologna)

In Aprile si è riunito il Lions Club di Castel San Pietro Terme per parlare di fame, cibo, benssere per tutto il mondo e non solo per pochi eletti dei paesi industrializzati. Si è parlato di cooperazione, problemi della fame in Africa, OGM.

Articolo di Odoardo Reggiani (da Notiziario Lions 108tb)

Cibo, economia, benessere

 

Quello dell’alimentazione è un argomento di  sterminata vastità. Basti pensare alle sue implicazioni di carattere economico, sociale, ambientale, antropologico, scientifico  ecc.

La fame nel mondo, cui è dedicato quest’anno il service nazionale, a parte la doverosa precisazione che andrebbe fatta  in “fame nel terzo mondo”, è solo uno dei  molteplici  argomenti  legati all’alimentazione.

Altrettanto devastante è l’eccesso di cibo, cui si dedicano volentieri  le popolazioni dei  paesi industrializzati.

Il Lions Club Castel  San Pietro ha dedicato una serata alle implicazoni meno dibattute dell’alimentazione, ovvero alle sue ripercussioni economiche, sociali e geopolitiche.

Il “taglio” inusuale della serata, voluto dal presidente Olivieri, si è dimostrato efficace: invece della relazione, spesso  lunga e talvolta stucchevole dopo una cena troppo generosa, è stato affidato al moderatore il compito di una breve introduzione, lasciando l’intera serata alle domande del pubblico.

Il tutto, preceduto da una cena a buffet, varia e gustosa ma leggera e soprattutto veloce.

A rispondere alle domande erano preposti  Vincenzo Zac-
chiroli, già sindaco di Castel San Pietro, che per il suo ruolo istituzionale è a conoscenza diretta dei problemi alimentari dell’Africa sub sahariana e il nostro direttore Roberto Zalambani, quale segretario dell’Associazione dei giornalisti che si occupano di agricoltura, alimentazione, ambiente. Ha condotto lo scrivente nella sua qualità di addetto stampa del club.

La prima causa della  fame  nel  terzo mondo viene spesso e sommariamente  attribuita al vertiginoso aumento della popolazione, a fronte di risorse planetarie non più estendibili. Questo ragionamento non sembrerebbe del  tutto “pellegrino”. 

Fino al 1600 la crescita della popolazione mondiale era del  2-3% ogni secolo. Oggi quell’incremento si registra ogni anno soprattutto nei paesi del terzo mondo. Quattro secoli fa  il pianeta era abitato da 500 milioni di esseri umani. Oggi siamo 6,8 miliardi, di cui il 75% in Asia ed Africa. Fra 15 anni saremo più di 8 miliardi.  Ma il  pianeta resta  sempre quello datoci  in comodato gratuito dal Creatore qualche miliardo di anni fa.

Inevitabile  il riferimento agli Ogm. Zacchiroli, interrogato in materia, pur dicendosi esente da condizionamenti ideologici,  ha sostenuto la necessità della massima cautela prima di  adottarli su vasta scala.

Personalmente ritengo che la  pericolosità degli Ogm non sia nei loro riflessi sulla salute delle persone e degli animali; negli Usa vengono impiegati  massicciamente da anni e passano attraverso controlli  di  organismi all’avanguardia scientifica (premi Nobel, Università, ecc.) e molto severi nella difesa dei consumatori come la  Food  and  Drug  Administration.

La pericolosità degli Ogm, a mio modesto avviso, è esclusivamente di carattere politico. Se la domanda  mondiale agroalimentare e zootecnica dipendesse da produzioni di questo  tipo, il mondo sarebbe nelle mani di due o tre multinazionali. Le coltivazioni Ogm  non sono infatti in grado di  riprodursi  da sole perché i loro semi sono sterili. Ogni anno bisogna  acquistare  le sementi da quei due o tre produttori che ne detengono il  brevetto. Costoro disporrebbero così  di un’arma potentissima: il ricatto della fame. E la fame, come c’insegna la storia, è una delle cause delle guerre.

Zalambani, che aveva incontrato recentemente il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier,  ha riferito l’invito dello scienziato a consumare cibi della terra in cui viviamo  rispettando i cicli della natura e la  biodiversità.

Con questa cultura la vita umana potrebbe raggiungere i 120 anni.

Facciamoci  un  pensierino.

Odoardo Reggiani

Di cosa sono fatti i biberon dei bambini

Intervista a Fiorella Belpoggi dell’Istituto Ramazzini – Il Corriere della Sera 11 aprile 2010

«Questo materiale è nocivo: ora va messo al bando»
Ritardi Nessuno ci ascolta da decenni: è noto fin dagli anni ‘ 30 che il BPA fa male. Le ricerche indipendenti che ne provano gli effetti dannosi sono ormai innumerevoli

In Inghilterra il bisfenolo A è al centro delle polemiche. Nei giorni scorsi l’ Independent ha pubblicato un appello di 8 scienziati internazionali, tra i quali l’ italiana Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’ Istituto Ramazzini di Bentivoglio (Bologna): chiedono di metterlo al bando e ritirare dal mercato i prodotti che lo contengono. «Sarebbe prudente per proteggere la popolazione vulnerabile» si legge, con un chiaro riferimento ai bambini e ai loro biberon di plastica. La presa di posizione arriva quando ben quattro studi scientifici, in pubblicazione o appena usciti, aggiungono prove a carico del BPA: danni al metabolismo e all’ apparato riproduttivo negli uomini, un possibile coinvolgimento nello sviluppo dell’ endometriosi, la scoperta che piccole dosi possono attraversare la placenta e danneggiare il feto. E una ricerca che ribadisce come l’ esposizione umana al BPA non sia trascurabile, come invece hanno sostenuto alcuni studi scientifici recenti (a ben guardare, sponsorizzati dalle industrie) e come afferma Philip Law, portavoce della British Plastic Federation, secondo cui la “battaglia” attorno al BPA ha assunto ormai contorni politici. Giriamo la critica a Fiorella Belpoggi: davvero c’ è di mezzo la politica e nessuno guarda più con obiettività ai dati scientifici? «E’ inaccettabile; siamo scienziati indipendenti, senza interessi industriali. Semplicemente, crediamo che prevenire sia meglio che curare. Le ricerche indipendenti che dimostrano chiaramente gli effetti dannosi del BPA in vertebrati e invertebrati sono ormai innumerevoli e più che note». Secondo alcuni bisognerebbe aspettare il parere dell’ EFSA, l’ Autorità europea per la sicurezza alimentare, prima di prendere decisioni: perché chiedere con urgenza un provvedimento restrittivo? «Nessuno ci ascolta da decenni: sappiamo dagli anni ‘ 30 che il BPA fa male. Quanto tempo occorrerà all’ EFSA per pronunciarsi? Noi crediamo che nel frattempo, per prudenza, sia meglio eliminare il BPA dal commercio». Ma è vero che le dosi a cui siamo esposti sono minime? «Nessuno può garantire che piccole dosi non siano dannose; per di più il composto si accumula e può interagire con altre sostanze con effetti moltiplicativi. E c’ è chi, per suscettibilità individuale, potrebbe manifestare conseguenze con dosi irrisorie». In Svezia, Norvegia, Germania e Olanda si è optato per un compromesso, adottando misure per ridurre l’ uso del BPA: che cosa ne pensa? «È una strada compatibile con le esigenze attuali, un primo passo: bandire il BPA è un brutto colpo per l’ industria, lo sappiamo, ma la salute pubblica deve essere più importante. E l’ industria deve trovare alternative innocue per l’ uomo». Voi chiedete anche etichette più chiare… «La gente non sa se nei prodotti che acquista c’ è BPA, né sulle etichette ci sono richiami ai possibili rischi: l’ informazione al pubblico su questa e altre sostanze chimiche con cui veniamo quotidianamente a contatto è scarsissima». Le discussioni di questi giorni infiammano le cronache all’ estero: perché in Italia non se ne parla? «Da noi non ci sono istituti indipendenti che facciano molta ricerca sul tema e possano prendere posizione. E, per cultura, gli italiani tendono sempre ad aspettare che le questioni siano sollevate da altri». Elena Meli

Perchè un Blog sulla Food Security

Si parla di Food Security, seguendo i termini della definizione data dalla FAO, ovvero di un cibo che sia buono sotto il profilo nutrizionale, nella giusta quantità e qualità, sicuro, e rispettoso della cultura di origine.
I dati sulla fame sono allarmanti; falliti i Millenium Development Goals, ci troviamo di fronte ad un aumento vertiginoso degli affamati, nel Terzo Mondo, ma non solo, dal momento che si stima che anche negli Stati Uniti la recente crisi economica abbia creato sacche di povertà enorme e forti problemi di sotto-alimentazione.
Il tema è molteplice e complesso, perché quando parliamo di cibo, affrontiamo due facce della realtà: da un lato la fame, con tutte le sue drammatiche e terribili conseguenze, dall’altro gli eccessi alimentari, con altrettante devastanti conseguenze sul piano della salute. Oltre a questo, al cibo e al suo consumo sono connessi problemi di tutela ambientale (l’uso di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti), i problemi dell’agricoltura che emergono sempre più forti in uno scenario economico che tende a soffocare il locale per globalizzare le produzioni.
Il tema è ampio, sfaccettato e con una serie di problematiche enormi; scopo di Pace Adesso Peace Now è quello di far riflettere su questi temi e creare una consapevolezza nella cittadinanza, al fine di renderla attiva, anche attraverso scelte di consumo.
Scopo di questo blog è quello di avere uno spazio di riflessione, attraverso il quale condividere opinioni su temi importanti; oggetto di discussione quest’anno sono gli OGM, organismi geneticamente modificati, sui quali il dibattito è sempre più acceso e gli zuccheri artificiali, come l’Aspartame.
Vi invitiamo a presentare le vostre riflessioni su questi due temi
e a partecipare a questa discussione.
Alla fine di maggio 2010 incontreremo i due scienziati che ci accompagnano in questo percorso: il Prof. Giorgio Celli, della Facoltà di Scienze Agronomiche di Bologna, e la Dott.ssa Fiorella Belpoggi, dell’Istituto di Ricerca “Ramazzini” (Bologna).

Coesistenza? No grazie di Giorgio Celli

Prefazione a “I semi del dubbio”.

Nell’attuale congiuntura storica, che prevede, cessata la moratoria, l’introduzione in pieno campo in Europa delle piante transgeniche, OGM o GM come scrivono nel testo che segue, con l’idea di rendere compatibili queste colture con quelle tradizionali o biologiche, ci è parso necessario, per far chiarezza, mettere a disposizione del grosso pubblico, degli agricoltori e delle Istituzioni, questo dossier, elaborato da Soil Association, destinato proprio a investigare le difficoltà che comporterebbe la messa a coltura degli OGM in Gran Bretagna, difficoltà in tutto paragonabili a quelle che incontreremmo nel nostro paese.
Il dossier mette a fuoco, attraverso un repertorio bibliografico molto ricco, ma ancor più attraverso delle interviste agli agricoltori statunitensi e canadesi che coltivano, sia biologicamente, sia piante OGM, le peripezie di una reciproca coesistenza, che si dimostra, lo diciamo subito, come incompatibile.
Difatti, la contaminazione, attraverso il polline o i semi portati dal vento e dagli insetti, di colture tradizionali o biologiche da parte di quelle OGM, risulta un evento inevitabile spazzando via dai mercati i prodotti dell’agricoltura biologica. Inoltre, appare chiaro come le promesse delle multinazionali biotecnologiche, più prodotto e impiego ridotto di pesticidi, non sono state per nulla mantenute.
Infine, mi piace sottolineare, come si siano manifestati numerosi paradossi legali: agricoltori biologici, che hanno avuto le loro piante contaminate da geni OGM, non solo non hanno ottenuto risarcimenti per essere usciti dai loro circuiti commerciali, ma hanno dovuto pagare, loro!, denaro sonante alle multinazionali per aver coltivato, senza averlo voluto, delle piante coperte da brevetto.
Questo dossier, che abbiamo tradotto alla svelta e dato alle stampe perché conosca la massima diffusione, rende evidente come le suddette multinazionali stiano facendo affari sulla testa degli agricoltori e dei consumatori del mondo.
Dovremo lasciarli fare?

J’accuse: Ponzio Pilato abita in Europa
La questione degli organismi geneticamente modificati, in sigla OGM, può venire considerata esemplare sull’impotenza e sull’ipocrisia dell’Unione Europea, dimostrando quanto possa l’influenza americana e, al seguito, quella delle multinazionali, nella fattispecie delle biotecnologie.
Mi sembra necessario che la gente sappia come stanno andando veramente le cose, perché quello che bolle in pentola avrà delle gravi ripercussioni sul futuro di noi tutti. Cominciamo dal principio: le multinazionali più importanti del pianeta, americane soprattutto, ma non solo, da circa due decenni si sono incamminate, con l’ausilio di una gran parte dei ricercatori universitari da loro finanziati, sulla strada della cosiddetta ingegneria genetica, creando in laboratorio degli organismi, piante nel nostro caso, con patrimoni genetici modificati, da smerciare dopo averli giudiziosamente brevettati. Delle varietà di colza, di soia, di mais, resistenti agli erbicidi, e nel caso del mais, con in più una tossina di origine batterica incorporata nelle cellule per uccidere le larve della piralide, il principale insetto infestante della coltura, sono state via via ottenute in laboratorio, e coltivate in campo in diversi paesi, Stati Uniti, Canada, Argentina, Cina, su notevoli estensioni. Fin dai primordi queste varietà ingegnerizzate hanno destato delle preoccupazioni di diversa natura: sarebbero diventate infestanti? Avrebbero diffuso in giro dei geni di resistenza agli erbicidi nelle piante spontanee, e agli antibiotici, posti a tutela della salute degli uomini e degli animali? Avrebbero promosso delle allergie o delle patologie più gravi nel consumatore? E per finire: era possibile che le piante modificate geneticamente, attraverso lo scambio di polline portato in giro dal vento o dalle api, contaminassero, dando il via a una vera Chernobyl dei geni, le colture tradizionali, e in particolare quelle degli agricoltori biologici? Nel 1998, qui ha inizio tutta la peripezia, la Commissione interpella alcuni scienziati per sapere se questa eventualità sia possibile, e questi, con una incredibile leggerezza, affermano di no. Evidentemente i brevetti e le royalty non danno buoni consigli. In forza di questo giudizio, la UE decide che le piante transgeniche possano venire coltivate in pieno campo. Ma no, quasi immediatamente dopo, si scopre che la contaminazione da OGM di piante tradizionali, si verifica, eccome! Di conseguenza, nel 1999, si sancisce una moratoria, che vieta quanto prima consentito, e tale moratoria è ora messa in discussione. Senza che, ecco il primo paradosso, nulla sia cambiato, la possibilità di contaminazione paventata è restata sempre possibile, e dunque…
Ma qui è cominciato il machiavello: il 75% degli europei non vogliono servirsi in tavola degli alimenti di origine transgenica, malgrado che le multinazionali, e gli scienziati al loro servizio, difendano in modo strenuo l’idea che i prodotti OGM debbano essere considerati equivalenti a quelli delle piante tradizionali. Dal canto suo, la UE decide di tener conto della esigenza di trasparenza dei consumatori, bocciando il principio di equivalenza, ed esigendo che gli alimenti transgenici, oppure quelli con un tasso di geni modificati superiore all’ 1%, vengano contrassegnati da una etichetta. Si opina, da diverse parti interessate a vanificare il procedimento, e non è difficile immaginare di chi si tratta, che degli alimenti, come l’olio, se non contengono più del DNA sfuggono alla possibilità di un controllo analitico. Per cui, l’etichetta sarebbe una palese assurdità. Ma diventa subito chiaro come la difficoltà sia superata dal fatto che l’etichettatura di un prodotto deve essere accompagnata dalla tracciabilità. In altre parole, se è necessario indicare tutti i passaggi di filiera, si può’ sempre risalire alle origini, e chiarire se la coltura di base era o non era transgenica. Quindi, la tracciabilità convalida l’etichettatura, e ne fa da garante nel caso in cui il controllo sul prodotto finale non sia possibile. Però, questo è il punto cruciale, se i prodotti transgenici devono essere tracciati ed etichettati, perché continuare a proibire la loro coltivazione in pieno campo e la loro comparsa sui mercati? Dal momento che i consumatori hanno la possibiltà di scegliere, perché proscriverli? Il quesito sembra logico, ma soltanto se ci si dimentica del problema che aveva consigliato agli inizi l’istituzione di quella moratoria, che ora si pensa di abolire. Dopo aver sancito, secondo paradosso, il principio di nonequivalenza tra prodotti transgenici e no, in forza della tracciabilità e dell’etichettatura, si formula ora il principio di coesistenza, tra agricoltura OGM e agricoltura tradizionale e biologica. Per l’agricoltura tradizionale, almeno in teoria, tale coesistenza potrebbe essere percorribile, sarebbe sufficiente restare sotto la soglia prescritta di contaminazione, ma se, nel caso dell’agricoltura biologica la soglia non può essere che zero, il problema diventa insormontabile.
Perché, e tutti gli scienziati lo confermano, non c’è modo di assicurare alle colture biologiche di non ricevere dei geni OGM soprattutto se le piante transgeniche vengono coltivate su grandi estensioni. Ed è a questo punto che la UE fa ricorso alla soluzione di Ponzio Pilato e si fa portare il bacile per lavarsi le mani. Le due agricolture, si afferma, devono coesistere, però è compito di ogni paese decidere come. Ahimè, gli OGM, introdotti in pieno campo, spazzeranno via l’agricoltura biologica, però la UE, perfettamente consapevole di questa circostanza, si comporta come chi è cieco perché non vuol vedere, passa ipocritamente la responsabilità dell’estinzione ai governi dei paesi membri. Insomma, assegna agli altri un compito impossibile. Ponzio Pilato, sulla piazza di Gerusalemme, non si è comportato diversamente. Ma vediamo che cosa nel nostro paese si sta congetturando di fare: il Ministero delle risorse agricole e forestali, nel tentativo di ottenere la quadratura del cerchio, salvando capre e cavoli, sarebbe intenzionato, per quanto ne so, di dar vita a degli estesi compartimenti territoriali coltivati a OGM, isolati da altri, ad agricoltura biologica. Si tratta di una ipotesi praticabile? Si consideri che le api possono andare a raccogliere il polline fino a più di dieci km di distanza, ragion per cui lo spazio di rispetto tra i suddetti compartimentia diversa gestione agricola, dovrebbe essere davvero considerevole, e ci chiediamo se la strategia sia realistica. Ancora: se per il mais si potrebbe avere qualche speranza di successo, dato che la specie è di origine americana e non ha da noi delle piante spontanee impollinabili, per la colza, che può ibridarsi con numerose specie selvatiche, sarà possibile creare un isolamento efficiente fra campi OGM e biologici?
Bisognerebbe, in barba alla conservazione della biodiversità, distruggere tutte le piante selvatiche abilitate a fungere da ponte biologico alla diffusione dei geni modificati! Se ne conclude che il principio di coesistenza è fasullo e che la sospensione della moratoria decreta la fine dell’agricoltura biologica. Contro quello che l’UE ha sempre affermato di promuovere: una agricoltura che conciliasse l’ecologia e l’economia, la conservazione e la produzione, optando non più per la quantità ma per la qualità, tutelando i prodotti tipici e la sicurezza alimentare dei consumatori, tutte cose che l’agricoltura biologica è in grado di garantire. E poi, a che pro? Le multinazionali delle biotecnologie non hanno mantenuto nessuna delle loro promesse: le varietà di colza tradizionali, per esempio, producono quanto la colza transgenica, se non di più, l’uso della chimica, che con gli OGM avrebbe dovuto diminuire, sta invece crescendo ovunque sulle piante resistenti agli erbicidi, il mais Bt si è rivelato più volte incapace di controllare le infestazioni della piralide, che per altro, ultimo paradosso, non richiede quasi mai degli interventi chimici.
Infine: le colture OGM sono veramente economiche? Mi risulta che l’agricoltura biologica, legata alla tipicità dei prodotti e alla conservazione del territorio, sia in crescita nel mondo, soprattutto da noi, e che la sua reddittività sia fuori discussione. Vogliamo, per compiacere le multinazionali delle biotecnologie, barattare l’agricoltura biologica con un piatto di lenticchie?
Giorgio Celli.

Un decalogo per l’agricoltura biologica.
L’agricoltura biologica non è solo un sistema di pratiche colturali, che escludano le molecole di sintesi, nitrati o pesticidi che siano, privilegiando fertilizzanti di origine organica, e per la difesa del campo coltivato, composti principalmente di estrazione, quasi sempre di derivazione vegetale. Una tale concezione sarebbe riduttiva, perché l’agricoltura biologica è un punto di convergenza e di identificazione di due sinonimi, l’uno con la u, cultura e l’altra, con la o, coltura che designano, nella locuzione comune, l’una le tradizioni e i costumi di una società, l’altra la pratica dell’agricoltura. Sinonimi per il vocabolario, distinti per un uso quotidiano quanto improprio, l’agricoltura biologica ne azzera ogni fraintesa differenza, proprio perché l’agricoltore che vi si dedica, non è solo il depositario di un insieme di tecniche e di cautele agronomiche, ma di una visione del mondo, mirata sul rapporto della nostra specie con la natura. L’agricoltura industriale, votata alle macchine e alla chimica di sintesi, esprime, invece, una volontà di potenza, si fonda sulla filosofia di chi vuole soggiogare la natura e spremerla fino all’osso, lasciando dietro di sé terra bruciata. E’ un’agricoltura di quantità, che vuol produrre a ogni costo e che tende alla standardazzione dei prodotti: mele come palle da biliardo, eguali ed egualmente lucenti. Al contrario, l’agricoltura biologica, punta sull’organico invece che sul meccanico, sul naturale e non sull’artificiale, non tanto sulla quantità, che pure ovviamente non trascura, ma che vuol coniugare con una qualità che si esprime nella diversità, privilegiando le differenze.
Per dare uno sviluppo coerente a queste brevi annotazioni, abbiamo pensato di stilare un piccolo decalogo che veniamo subito a esporre: L’azienda biologica produce non solo derrate agricole, ma ambiente: il suo impiego della concimazione organica e della lotta biologica, garantisce non solo una produzione esente da residui, ma che non ha permesso la contaminazione ambientale, né del campo coltivato, né dei suoi immediati dintorni, né del territorio circostante, né , perché no?, della biosfera nel suo insieme. In parole povere, l’agricoltura biologica promuove la salute dell’ambiente e del consumatore.
L’agricoltura biologica si prende a cuore la conservazione e l’accrescimento della biodiversità. Insedia siepi e alberi come rifugio di organismi utili, entomofagi e impollinatori, e di altre specie a rischio d’estinzione, non pratica il diserbo chimico, punta sull’insediamento di antiche cultivar scomparse, o marginali nell’ambito dell’agricoltura industriale, sfruttandone la frequente resistenza alle avversità, destinandone i prodotti a un mercato in rapida crescita.
L’agricoltura biologica presuppone che l’agricoltore si riappropri del proprio campo e del proprio lavoro. Produrre insieme derrate e ambiente, presuppone l’avvento di una nuova professionalità, che faccia dell’agricoltore il tecnico di sé stesso, e che, qualora debba ricorrere alla scienza altrui, ne attinga attraverso il dialogo e non assumendo la funzione passiva dell’ascoltatore.
L’agricoltore biologico è un uomo aperto al mondo, consapevole che milioni di uomini soffrono la fame, e che l’etica ci impone di far qualcosa per aiutarli.
Partecipa così attivamente alle organizzazioni che si occupano del problema, appoggia il commercio equo e solidale, si pone in dialettica con quegli aspetti della globalizzazione che operano per l’egemonia del Nord sul Sud del mondo.
L’acqua, nei prossimi decenni, diventerà più preziosa dei combustibili fossili, perché l’acqua è vita e più di un miliardo di uomini soffrono la sete o bevono delle acque non potabili. L’agricoltore biologico, praticherà il risparmio dell’acqua, e opererà nel senso di difendere le falde e i corpi idrici in superficie, non ultimo perché i suoi prodotti, che sono di qualità, esigono una irrigazione di qualità.
Produrre biologico significa produrre secondo il ritmo delle stagioni, coltivando gli ortaggi e la frutta all’epoca giusta. In tal modo si evitano forzature colturali, spesso onerose e sostenute chimicamente, e che incentivano il ricorso ai conservanti, sempre e comunque pericolosi per la salute del consumatore. Ogni cosa ha il suo tempo, ogni frutto la sua stagione.
Spesso si pensa, tra i non informati e i detrattori, che l’agricoltura biologica guardi al passato e non si curi del futuro. Non è affatto così, anche se le tradizioni, se valide, sono conservate, o recuperate: la rotazione, come ripristino della fertilità del suolo e come pratica sanitaria, il.sovescio, come fertilizzazione organica, la consociazione, come modo per ottimizzare l’utilizzo di diverse rizosfere, facciamo solo qualche esempio, sono delle pratiche tradizionali da rimettere in opera. Nel contempo tutte le nuove tecnologie a valenza ecologica, dall’impiego dei feromoni alla lotta microbiologica, sono prese in carica dall’agricoltore biologico, che dimostra così di guardare il futuro senza dimenticare il passato.
Come abbiamo già accennato, l’agricoltura biologica punta sulla qualità, ma non basta: intende legare la qualità al territorio, e alla sua storicità. Difatti, recupera antiche cultivar, e si propone di rilanciare la tipicità di certe produzioni locali di eccellenza, come, con tre esempi di minima, il durone di Vignola, la fragola di Cesena o il parmigiano reggiano. Per questo motivo, le piante transgeniche, gli OGM, non hanno accesso ai campi dell’agricoltore biologico. In primo luogo, perché queste piante, spiazzando le vecchie cultivar, tendono a porre in forse la biodiversità, e puntano a prodotti standard, non espressione di un certo territorio e di una certa tradizione, ma eguali per tutto il pianeta. Le piante transgeniche sono irriducibili a qualsiasi tipicità e storicità delle produzioni agricole, e perfino alle gastronomie che ne derivano.
L’agricoltura biologica presuppone l’avvento di una nuova dimensione della ricerca scientifica, che ponga come prioritaria la coesistenza tra gli organismi e non il dominio degli uni sugli altri, che favorisca la trasformazione dei parassitismi in simbiosi, degli antagonismi in compromessi ecologici. La sua epistemologia si fonda sulla nozione di equilibrio o di quasi quilibrio biologico o più estesamente ecologico, per il quale l’uomo non è lo sfruttatore sordo e cieco della biosfera, ma il suo illuminato giardiniere.
L’agricoltura biologica è la punta più avanzata dell’agricoltura sostenibile.
E’ sostenibile nel senso che assicura la conservazione della fertilità del suolo, che non inquina l’ambiente con abusi chimici e tecnologici, che produce secondo il ritmo delle stagioni, che conserva e semmai accresce la biodiversità, che promuove la sicurezza alimentare. In più, l’agricoltura biologica si presenta come l’attività di un uomo aperto al mondo, eticamente coinvolto, e padrone del proprio lavoro.
Giorgio Celli

La Ricerca sull'Aspartame dell'Istituto Ramazzini

Di seguito trovate una sintesi dell’articolo; se desiderate leggerlo per intero trovate l’articolo su:
www.ramazzini.it/ricerca/publications.asp

Il progetto della Fondazione Europea Ramazzini
sull’aspartame
Soffritti M., Belpoggi F.
Fondazione Europea di Oncologia e Scienze Ambientali “B. Ramazzini”, Bologna
Autore corrispondente
Morando Soffritti
Fondazione Europea Ramazzini, Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni
Via Saliceto n. 3, 40010 Bentivoglio (BO), Italia
telefono e fax: +390516640460; fax +390516640223; e-mail crcfr@ramazzini.it
Riassunto. Al centro del dibattito internazionale è l’aspartame (APM), un dolcificante artificiale consumato nel
mondo da oltre 200 milioni di persone. È utilizzato in oltre 6000 prodotti, fra i quali bevande light, gomme da masticare,
dolciumi, caramelle, yogurt, oltre 500 farmaci, in particolare sciroppi e antibiotici per bambini. Prima della
commercializzazione dell’APM all’inizio degli anni ’80, l’industria produttrice aveva condotto una serie di studi
sperimentali su roditori i cui risultati non avevano evidenziato effetti tossici, in particolare cancerogeni, del composto.
Nel 2005 uno studio a lungo termine condotto nei laboratori della Fondazione Europea Ramazzini (FER) di Bologna,
Italia ha dimostrato per la prima volta che l’APM somministrato ai ratti Sprague-Dawley per tutta la vita, è
un agente cancerogeno multi-potente. Un secondo esperimento, pubblicato dalla FER nel 2007, ha dimostrato che
quando il trattamento inizia a partire dalla vita fetale, l’effetto cancerogeno aumenta. Anche se i risultati di questi
studi sono stati contestati dall’industria produttrice, la preoccupazione sui possibili rischi per la salute dovuti
all’APM ed ai dolcificanti artificiali è crescente fra i cittadini ed è costantemente all’attenzione delle agenzie deputate
alla sorveglianza sulla sicurezza degli alimenti.
Abstract. At the center of today’s debate is aspartame (APM) is a widely used artificial sweetener present in over 6,000
products including soft drinks, chewing gum, candy, desserts, yogurt and pharmaceuticals, including syrups and antibiotics
for children. Prior to its commercialization in the early 1980s, the producers of aspartame conducted a series of experiments
on rodents which did not reveal toxic nor carcinogenic effects of the compound. In 2005 a long term study conducted
in the laboratories of the European Ramazzini Foundation (ERF) in Bologna, Italy provided the first experimental demonstration
that APM, when administered in feed at various doses to Sprague-Dawley rats for the lifespan, is a multi-potent
carcinogenic agent. A second experiment, published by the ERF in 2007, demonstrated that when lifespan exposure to
APM begins during fetal life, its carcinogenic effects are increased. Although the results of these studies have been contested
by the manufacturers of APM, concern about the safety of aspartame continues to grow among citizens and remains
on the agenda of the agencies responsible for overseeing food safety.

Il

IL “CODICE ECOLOGICO” PERFETTO
Fermiamo gli OGM con le armi dei Diritti Inviolabili
di Giuseppe Altieri, Agroecologo
(pubblicato da www.ariannaeditrice.it)

IL PRESTITO DEI NOSTRI FIGLI, LA NATURA CHE VOGLIAMO SALVARE DAGLI OGM
In riferimento alle recenti cronache di attualità in materia di OGM, giova ricordare innanzitutto che l’Unione Eurppea non ha mai autorizzato nessun OGM per mezzo del voto a maggioranza qualificata del Consiglio dei Ministri UE, ovvero l’organo preposto alle decisioni in materia, il quale non si è mai esposto direttamente, conscio dei pericoli, da tempo accertati, di danni alla salute e alla biodiversità, dovuti agli organismi transgenici (OGM).
Dobbiamo solo scoprire “come ci faranno male” e non “se” ci faranno male gli OGM. E non certo sottoponendoci a modo di “cavie umane”, come sta accadendo negli Stati Uniti e, seppur in modo subdolo, anche in Europa, da qualche anno, con le cosiddette “tolleranze” di OGM, accettate negli alimenti, senza obblighi di etichettatura.
Così come è chiara l’irreversibile contaminazione dell’ambiente e dell’agricoltura da parte degli OGM, definita come inevitabile dalla stessa DIR 2001/18/CE in materia, a seguito del rilascio nell’ambiente ed a causa del Trasferimento Genico Orizzontale (TGO) di particelle di DNA transgenico non digerito, che si diffondono attraverso le catene alimentari e i microrganismi. Con rischi imprevedibili ed incommensurabili, per l’uomo, e tutta la biodiversità planetaria.
E’ per tali motivi che, prima di introdurre OGM in Italia addirittura nelle coltivazioni, vedrete che verranno sottoposti ad una Moratoria Nazionale ed Internazionale, possibilmente europea, applicando il principio di precauzione e i criteri di Biosicurezza, ovvero la tolleranza zero nelle sementi e negli alimenti, per evitare rischi per la salute e l’ambiente.. La corretta informazione dei consumatori, è un diritto sancito da una sentenza della Corte di Giustizia UE. Diritto oggi negato dalle soglie cosiddette di (in)”tolleranza” senza etichettatura (9 grammi per ogni chilogrammo di componente alimentare), che è necessario impugnare nelle sedi competenti, in quanto illegittime.
E’, per gli stessi motivi, obbligatorio sottoporre tutta la materia a referendum consultivo, prima di decidere eventuali immissioni di OGM nell’ambiente. Le norme in tal senso sono chiarissime (Dir. 2001/18/CE). Laddove immissione nell’ambiente significa anche importazione di alimenti e prodotti OGM e derivati, che oggi contaminano i mangimi e numerose derrate alimentari.
L’EFSA, l’ente che dovrebbe garantire la sicurezza alimentare, basa oggi i suoi Pareri “scientifici” (?!) (ben inteso, non vincolanti) solo sui dati forniti dalla Monsanto o dalle altre ditte produttrici di OGM, proprietarie dei brevetti… come chiedere all’oste se il vino è buono.
Per l’Insicurezza alimentare dei cittadini europei? O per la sicurezza…. che il cibo ci faccia male?
Il regolamento dell’EFSA dovrà pertanto, come richiesto dal Parlamento UE, essere revisionato con l’inserimento obbligatorio dei pareri scientifici indipendenti.
Sui pericoli accertati per la salute degli OGM, leggiamo il libro di Arpad Pusztat: “La sicurezza degli OGM” – Edilibri MIlano. E, in attesa delle confutazioni scientifiche alle ricerche citate nel testo, è necessario vietare ogni importazione di OGM in Italia e, se possibile, in Europa.
Quella sulla “coesistenza”, una contraddizione in termini, dal momento che non ci sarebbe più agricoltura libera da OGM in caso di rilascio ambientale di coltivazioni transgeniche, è anch’essa solo una “raccomandazione” della Commissione, pertanto non vincolante, come citato espressamente anche nella sentenza del Consiglio di Stato, che intenderebbe, secondo qualcuno, autorizzare la semina di OGM in Italia. Si può “raccomandare” forse un posto di lavoro, non certo di inquinare irreversibilmente il territorio agricolo di una nazione, facendola rinunciare alla propria agricoltura e biodiversità tradizionale e alla sicurezza e sovranità alimentare.
Mi pare che l’autorizzazione alla semina del Mais Mon 810, in questione, sia scaduta; e ad oggi non rinnovata, come afferma il Ministro Zaia. Germania e Francia hanno fatto un brusco dietrofront in tal senso, sugli OGM, di fronte all’evidenza dei pericoli per la salute e l’ambiente accertati dalle ricerche indipendenti pubblicate in questi anni.
E In ogni caso non è certo un tribunale l’organo preposto all’Autorizzazione alla semina di OGM in Italia, così come in Europa, ne tantomeno l’EFSA.
Barroso è stato chiaro qualche giorno fa… sugli OGM in Europa vige la politica di “Ponzio Pilato”… ed ognuno fa quello che vuole, applicando la Clausola di Salvaguardia Nazionale, in caso di accertati rischi e pericoli per la salute e l’ambiente, con conseguenti divieti di coltivazione ed importazione di OGM. E’ bene rammentare che nessun stato membro europeo, con l’adesione all’Unione ha rinunciato ai propri diritti nazionali, Costituzionali ed inviolabili alla salute e all’ambiente integro, potendo in ogni caso applicare in tali materie delle norme più restrittive e garantiste, rispetto alle indicazioni Comunitarie. Le quali, purtuttavia, dovrebbero riferirsi all’applicazione rigorosa del “Principio di Precauzione”, ovvero dell’esclusione di ogni rischio per la salute e l’ambiente su ogni nuova tecnologia proposta per il commercio.
Principio giuridico troppo spesso scavalcato da procedure troppo permissive, non solo in materia di OGM, ma anche, ad esempio, di Pesticidi, senza tenere conto del criterio di “comparazione”, ovvero dell’inutilità di tali tecnologie, facilmente sostituibili con quelle Ecologiche.
L’Agricoltura Biologica è oggi sostenuta con oltre 200 miliardi di € dalla Comunità Europea attraverso i Piani di Sviluppo Rurale delle regioni 2007-2013, con pagamenti agroambientali obbligatori e prioritari, atti a compensare i minori redditi e maggiori costi per gli agricoltori, più un 20%, per il beneficio sociale complessivo che ne deriva (100% a fondo perduto ed esentasse). L’Agroecologia degli agricoltori tradizionali e moderni è oggi sufficiente a sfamare due volte l’intero pianeta. Soprattutto se teniamo conto che l’Agricoltura Industriale delle Multinazionali oggi alimenta circa 10 miliardi di Bovini equivalenti, animali che mangiano almeno quanto 20 miliardi di persone…
…mentre 1 miliardo di esseri umani sono denutriti o muoiono di fame, per mancanza di denaro per acquistare il cibo.
200.000 contadini indiani si sono suicidati per il fallimento delle coltivazioni industriali di Cotone OGM, avendo perso la terra per pagare i debiti !!!
Gran parte degli agricoltori e soprattutto allevatori europei è indebitata con le banche, che obbligano a produrre per ripianare i debiti; ma il raccolto con compensa i costi… e i debiti aumentano, finchè la banca non vende la terra dei contadini per rientrare sui debiti. In Italia 800.000 agricoltori hanno chiuso la loro attività negli ultimi 10 anni e gli agricoltori rappresentano ormai meno del 3% della popolazione. I fondi europei per l’agricoltura biologica potrebbero risolvere la situazione riducendo al spesa sociale per le malattie degenerative, che oggi supera l’80% dei bilanci regionali.
Questi finanziamenti sarebbero sufficienti a riconvertire in biologico gran parte dell’Agricoltura Europea. In Italia, con la riforma medio termine della PAC, abbiamo circa 20 miliardi di € disponibili.
Ma, ormai da almeno quindici anni, dall’avvio delle misure agroambientali europee nel 1992, divenute obbligatorie e prioritarie nel 2000, le Regioni scoraggiano le adesioni degli agricoltori alla produzione Biologica, riducendo in maniera arbitraria i relativi Pagamenti agroambientali ed inserendo misure concorrenziali non conformi, come l’Agricoltura Integrata. Che secondo le norme dovrebbe prevedere la “sostituzione prioritaria dei pesticidi chimici di sintesi”, mentre in realtà oggi rappresenta un semplice elenco di pesticidi chimici ammessi in quantità molto superiore al normale uso in agricoltura convenzionale. Tale distrazione di fondi è in contrasto con gli obiettivi comunitari che prevedono il potenziamento dell’Agricoltura Biologica, in particolare nelle aree intensive e per le colture ortofrutticole, dove forte è l’uso della chimica ed è necessario aumentare i Pagamenti agroambientali per compensare gli impegni degli agricoltori biologici. Il risultato di tale politica regionale distorta è che, mentre in nord Europa l’impiego di Pesticidi chimici è stato drasticamente ridotto già dalla fine degli anni 90, in Italia le vendite di Pesticidi di sintesi e le loro quantità di impiego sulle superfici coltivate convenzionali sono continuate ad aumentare. Per tali motivi gli agricoltori dell’Umbria, Marche, Toscana e Campania sono ricorsi ai tribunali amministrativi con vertenze attualmente in corso e decisive per il futuro dell’agricoltura Italiana biologica e tradizionale

Le grandi Bugie sugli OGM: Non è falso quello che dicono le multinazionali sugli OGM… è vero l’esatto contrario
Consiglio di guardare il servizio di Report (Rai 3) del 1998: “Il Gene Sfigurato” di Carlo Pizzati… nel quale, a detta del dirigente Novartis intervistato con le spighe di Mais (pannocchie) OGM in mano, piene di larve di piralide “vive e vegete”… gli ogm nemmeno funzionano, “…in quanto la Piralide del Mais si sposta tutta sulla granella nella spiga, dal momento che la tossina BT pesticida si esprime solo nelle parti verdi delle piante transgeniche (OGM)”… Pertanto, i danni da piralide sugli OGM, aumenteranno o al massimo rimarranno uguali. Con conseguente rischio di maggior sviluppo di micotossine negli OGM, le quali, come dimostrato ampiamente, dipendono soprattutto dalla mancanza di rotazione delle coltivazioni (monocolture di MAIS, che andrebbero semplicemente vietate), dal fatto che si usa raccogliere il Mais in autunno, spesso troppo tardi, con forte umidità e grandissimo spreco di energia per essiccarlo artificialmente. Ma, soprattutto, le micotossine famose si sviluppano nei lunghi stoccaggi (spesso di anni) di merci provenienti dai silos Americani e Canadesi, Argentini o Brasiliani e durante i trasporti nelle stive delle navi (spesso ammuffite) per lunghi periodi… …ovviamente di Mais e Soia OGM…
Inoltre, in Italia, la cosiddetta Piralide del Mais arreca danni molto limitati, che non superano mai le cosiddette soglie economiche di Intervento e, pertanto, nessuno spreca soldi per trattare il Mais con insetticidi chimici. Nel caso servisse, si può impiegare con maggior successo proprio il Bacillus Thuringiensis, irrorandolo sulle piante e sulle spighe (pannocchie) al momento opportuno, ovvero quando schiudono le uova, in modo da uccidere le piccole larve di Piralide prima che facciano danni, con un metodo biologico e biodegradabile in pochi giorni. Le coltivazioni di MAIS OGM, invece, rischiano di innescare la resistenza degli insetti dannosi nei confronti della tossina BT, prodotta massicciamente dalle piante transgeniche, la quale inquina il terreno per anni, come dimostrato dalle ricerche del MIPAAF. Con seri rischi di aumento futuro dei danni degli insetti resistenti al BT, dichiarati anche dalle stesse ditte produttrici di OGM. Pertanto, potremmo perdere anche un prezioso insetticida microbiologico naturale, che ogni paese oggi si può auto-produrre a basso costo, senza necessità di pagare brevetti. Dopo aver inquinato i terreni di tossine BT e di DNA transgenico che si diffonderebbe attraverso il Trasferimento genico Orizzontale, attraverso i microrganismi e le catene alimentari, l’acqua, ecc.
La conseguenza drammatica sarebbe un futuro impiego massiccio di Pesticidi chimici sempre più potenti.
Senza tener conto che il miglior metodo, molto efficace ed economico, di controllo biologico della Piralide è rappresentato dalla diffusione preventiva di Insetti utili, parassiti delle uova della Piralide stessa, efficaci al 100%, come dimostrano numerose ricerche ed applicazioni su larga scala (es. in Cina), per cui le larve di piralide nemmeno nascono… E dalle uova deposte dalle farfalline spuntano degli insetti utili che se ne nutrono.
La Natura, come volevasi dimostrare, ci fornisce tutte le soluzioni…. basta applicarle. Senza sprecar soldi per macchine costose e carburanti per i trattamenti con pesticidi chimici, per la cui produzione si impiega inoltre moltissimo petrolio.
Insomma, gli OGM rappresentano un vero fallimento premeditato per gli agricoltori… con rischio di perdita della sovranità alimentare delle Nazioni… da cui deriva solo miseria e FAME.
Si pensi, inoltre, al fatto che molte erbe infestanti sono ormai resistenti al Raundup, l’erbicida chimico che viene irrorato in modo massiccio sulle coltivazioni OGM, assorbendosi nei semi delle piante OGM (di soia e di mais, cotone, colza, ecc.) “resistenti ai disseccanti chimici totali”, che vengono mangiati dagli uomini e dagli animali. Con conseguente accumulo nell’ambiente e nelle acque. Un’avvelenamento di massa, che si bio-accumula nelle catene alimentari e nelle carni degli animali alimentati con OGM. Lo dimostra il fatto che la soglia di cosiddetta soglia di “tolleranza” dei residui del disseccante chimico negli alimenti è stata notevolmente aumentata con l’entrata in commercio degli OGM. Un prodotto chimico pericolosissimo, pubblicizzato come biodegradabile, invece tossico e mortale per le cellule, responabile secondo una ricerca svedese, dell’epidemia di linfomi non Hodgkin (un tumore del sangue) e di mortalità delle cellule della placenta. La Monsanto ha recentemente ricevuto una multa pesantissima per pubblicità ingannevole e pericolosa.
Ce dell’altro e in abbondanza da dire contro gli OGM.
Soprattutto va citato il Trasferimento Genico Orizzontale del DNA transgenico inserito negli OGM, molto instabile e reattivo, in quanto estraneo alla specie vivente, il quale, si diffonde nell’ambiente e lungo le catene alimentari, passando dai microrganismi alle acque, al sangue e negli apparati digerenti. Hanno trovato DNA transgenico non digerito nei feti dei topi…. cosa succederà ai poveri animali d’allevamento, che per loro “sfortuna” vengono macellati giovani… e soprattutto agli esseri umani che se ne nutrono (carni, latte, uova, formaggi, ecc)… oggi sempre più “macellati dal Cancro”?
Si ricorda che i cosiddetti geni (pezzi di DNA manipolato), non sono microchips, e quando si modifica il normale funzionamento del DNA , inserendo pezzi estranei, nessuno potrà mai prevedere quello che succederà all’interno dell’OGM, con rischi incommensurabili per la salute e l’ambiente.
E modificazioni nel tempo all’interno del DNA, a causa della naturale instabilità dell’OGM, dichiarate dalla stessa Monsanto, ad esempio per la soia.
A proposito: come è stato possibile brevettare ciò che non è stabile ne esattamente riproducibile, come una manipolazione genetica? Non sarà il caso di ricorrere alla Corte di Giustizia?

Il “Codice ecologico perfetto”
Insomma, mi sembra che il futuro transgenico sia tutt’altro che roseo…. forse è meglio scendere dal treno prima che si schianti.
Non c’è scienza nelle tecnologie rozze di manipolazione del DNA. La vera scienza sta nello studio ed utilizzo della Biodiversità naturale, determinata dal proprio DNA, “codice ecologico” evolutosi in maniera perfetta nei miliardi di anni di vita sul pianeta Terra. “Una memoria genetica regolata da leggi fisiche perfette, inviolabile per il semplice rispetto della vita e dei diritti umani”, come ci ricorda il Prof. Michele trimarchi, candidato Premio Nobel per la Pace nel 1986.
E’ necessaria pertanto una Moratoria Nazionale ed Internazionale sulla produzione e rilascio ambientale di OGM, orientando la Scienza, che nel terzo millennio deve applicare il paradigma di “Conoscenza ed utilizzazione ecologica della natura”.
Puntando in casa nostra al Made in Italy da mettere all’asta internazionale del mangiar bene, biologico, 100% ogm free, tradizionale a partire dalla sua biodiversità.
Quello che chiede il mercato…
…il libero mercato, (che oggi praticamente non esiste se non nel rapporto diretto dal produttore al consumatore)
Dove siamo vincenti… per “natura”.
La Natura che vogliamo salvare.
Una tradizione ricevuta in eredità dai Padri, ma soprattutto… in prestito dai nostri Figli.
saluti cari
Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo

Patata OGM.Osservatore Romano:

Patata Ogm. Osservatore Romano: “Nessun sì dal Vaticano”
( FONTE: Ansa)
Da parte del Vaticano non c’è stato nessun sì agli ogm in agricoltura, e tanto meno alla patata transgenica Amflora, la cui coltivazione è stata ieri autorizzata dalla Commissione europea. Lo sottolinea l’Osservatore Romano, parlando delle reazioni, ‘per lo più di segno negativo’, alla decisione dell’Ue e prendendo nettamente le distanze da alcune interpretazioni di stampa. ‘Tra le diverse prese di posizione – scrive il quotidiano della Santa Sede – alcuni media hanno creduto di leggere anche un ipotetico pronunciamento favorevole da parte del Vaticano. Che non c’è stato’. ‘Si è parlato – prosegue – di un esplicito ‘si’ all’uso di organismi geneticamente modificati in agricoltura, confondendo ancora una volta commenti e punti di vista di singoli ecclesiastici con dichiarazioni ‘uff iciali’ attribuibili alla Santa Sede o alla Chiesa’. Secondo l’Osservatore Romano, che cita a tale proposito l’enciclica ‘Caritas in veritate’, nella missione della Chiesa rientra ‘la severa denuncia dello scandalo della fame nel mondo’, che oggi ‘non dipende tanto da scarsita’ materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la piu’ importante delle quali è di natura istituzionale’. ‘E non è un caso – conclude – che proprio nel 2009, anno in cui nei Paesi in via di sviluppo le coltivazioni ogm sono cresciute del 13 per cento (contro una media mondiale del 7) raggiungendo quasi la metà dell’intera superficie del pianeta coltivata con piante transgeniche, gli affamati nel mondo abbiano superato per la prima volta quota un miliardo’. (Ansa).

Amflora La patata Transgenica

Amflora, la patata transgenica (FONTE: Bodegones/LASTAMPA.IT 03.03.2010)
Le patate naturali contengono amido, costituito da amilopectina e amilosio. Amflora è la patata transgenica sviluppata dalla BASF che contiene solo amilopectina. S è creato questa patata perché l’amilopectina viene utilizzata nella produzione di carta, collanti e separarla dall’amilosio è costoso. L’Amflora quindi non la troveremo nei nostri piatti (pare sia immangiabilie) ma verrà utilizzata per uso industriale e – ed è qui che inizia la controversia- come mangime per gli animali (così chiariamo anche subito che il fine per cui si creano gli OGM non è quello di salvare il mondo dalla fame…)
Il problema dell’Amflora sta nel fatto che per effettuare questa trasformazione delle patate si utilizza un marcatore (un gene che viene legato al gene che inattiva la produzione di amilosio, per renderlo riconoscibile), l’nptII, che conferisce resistenza alla kanamicina e alla neomicina, due antibiotici. Il pericolo è che il gene – essendo la patata utilizzata come mangime animale – passi ai batteri che stanno nell’apparato digerente e che questi sviluppino a loro volta la resistenza. Non abbiamo forse iniziato a sospettare con le emergenze BSE, SARS, H5N1, H1N1 che gli allevamenti intensivi sono incubatori di virus?
La resistenza gli antibiotici è una preoccupazione reale, tanto che nel 2001 è stata adottata una legge a livello europeo per eliminare entro il 2004 quegli elementi responsabili della resistenza che possono comportare rischi per la salute e l’ambiente. La kanamicina, in particolare, viene impiegata come farmaco di seconda linea nel trattamento delle infezioni da tubercolosi multi-farmacoresistente, di cui si registra a livello mondiale un numero crescente di casi.
La BASF ha fatto richiesta di autorizzazione alla commercializzazione dell’Amflora nel 2005. In questi anni avrebbe potuto sostituire il gene marcatore incriminato -si stanno sviluppando tecniche che non richiedono l’uso di marcatori resistenti agli antibiotici – ma sarebbe stato probabilmente troppo costoso.
La decisione dell’EFSA è conseguenza del parere scientifico espresso a giugno dello scorso anno dalle due unità, all’interno dell’EFSA, che si occupano di organismi geneticamente modificati (il GMO e il BIOHAZ) che hanno giudicato improbabile, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, che il trasferimento dei geni di resistenza agli antibiotici, associato all’uso di piante GM, produca effetti avversi sulla salute umana e sull’ambiente; hanno inoltre valutato che l’nptII non è implicato nella resistenza alla kanamicina nel trattamento della tubercolosi multi-farmacoresistente. Quanto è credibile questo parere?
Il gruppo GMO dell’EFSA più volte ha giudicato inconsistenti le conclusioni di lavori pubblicati, passati al vaglio della peer-review, critici nei confronti della sicurezza degli OGM. L’ultimo episodio risale a gennaio scorso quando sono state rigettate le conclusioni di una ricerca riguardante la tossicità delle varietà di mais GM MON810, MON863 e NK603 della Monsanto.
Il problema della ricerca indipendente sugli OGM è centrale. Alcuni scienziati americani si sono rivolti alla Environmental Protection Agency lamentando il fatto che le aziende biotech non permettono di condurre ricerche realmente indipendenti su molte questioni critiche. Il problema è che gli acquirenti di semi geneticamente modificati devono firmare un accordo inteso a garantire il rispetto dei diritti di brevetto dell’azienda. Questo accordo vieta la coltivazione degli OGM a scopo di ricerca, per fare la quale è necessaria un’autorizzazione specifica che le aziende concedono riservandosi però il diritto di approvare le conclusioni dello studio al momento della pubblicazione. E’ anche per questo che il gruppo GMO dell’EFSA può tranquillamente riportare nei suoi pareri che non ci sono nuove prove scientifiche, in termini di rischio per la salute umana e animale e per l’ambiente, che possano giustificare un divieto di coltivazione di piante geneticamente modificate.

L'Aspartame. Cosa sappiamo di un prodotto di larghissimo consumo

Vi invitiamo a visionare la puntata andata in onda sulla rete svizzera LA1 il 12/02/2010. Alla trasmissione ha partecipato Fiorella Belpoggi.

http://www3.rsi.ch/pattichiari/node/1583
Puntata del 12/02/2010 LA1 ore 21:05 (Puntata Patti chiari)
Aspartame sotto accusa – di Andrea Tinari
Caramelle, merendine, chewing gum, bevande light, yogurt, ma anche formaggi, medicine, addirittura acqua minerale. Cosa hanno in comune tutti questi prodotti che fanno parte della nostra spesa quotidiana? Possono contenere aspartame. Si tratta di una sostanza 200 volte più dolce dello zucchero, priva di calorie, ma che da qualche tempo è sotto accusa.
Un autorevole istituto di ricerca italiano ha concluso che sarebbe cancerogeno. La sperimentazione ha evidenziato un aumento dei casi di linfomi e di leucemie. Ma è proprio così? Le autorita europee per la sicurezza alimentare si sono espresse recentemente garantendo sulla sicurezza dell’aspartame, ma hanno anche stabilito una dose giornaliera da non superarare. Sta di fatto che sulle etichette dei prodotti la quantità di aspartame contenuta non è segnalata. Come fa il consumatore ad orientarsi? E poi l’uso limitato è davvero sicuro? E ancora l’aspartame serve davvero a dimagrire come suggeriscono le campagne pubblicitarie delle aziende produttrici? Domande pressanti che riguardano oltre 6000 prodotti venduti sul mercato di cui i consumatori sanno poco o nulla. Per la prima volta nello studio di Patti chiari i ricercatori che hanno lanciato l’allarme sulla pericolosità dell’aspartame incontrano i maggiori produttori di questo dolcificante che fa tanto discutere.