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Di cosa sono fatti i biberon dei bambini

Intervista a Fiorella Belpoggi dell’Istituto Ramazzini – Il Corriere della Sera 11 aprile 2010

«Questo materiale è nocivo: ora va messo al bando»
Ritardi Nessuno ci ascolta da decenni: è noto fin dagli anni ‘ 30 che il BPA fa male. Le ricerche indipendenti che ne provano gli effetti dannosi sono ormai innumerevoli

In Inghilterra il bisfenolo A è al centro delle polemiche. Nei giorni scorsi l’ Independent ha pubblicato un appello di 8 scienziati internazionali, tra i quali l’ italiana Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’ Istituto Ramazzini di Bentivoglio (Bologna): chiedono di metterlo al bando e ritirare dal mercato i prodotti che lo contengono. «Sarebbe prudente per proteggere la popolazione vulnerabile» si legge, con un chiaro riferimento ai bambini e ai loro biberon di plastica. La presa di posizione arriva quando ben quattro studi scientifici, in pubblicazione o appena usciti, aggiungono prove a carico del BPA: danni al metabolismo e all’ apparato riproduttivo negli uomini, un possibile coinvolgimento nello sviluppo dell’ endometriosi, la scoperta che piccole dosi possono attraversare la placenta e danneggiare il feto. E una ricerca che ribadisce come l’ esposizione umana al BPA non sia trascurabile, come invece hanno sostenuto alcuni studi scientifici recenti (a ben guardare, sponsorizzati dalle industrie) e come afferma Philip Law, portavoce della British Plastic Federation, secondo cui la “battaglia” attorno al BPA ha assunto ormai contorni politici. Giriamo la critica a Fiorella Belpoggi: davvero c’ è di mezzo la politica e nessuno guarda più con obiettività ai dati scientifici? «E’ inaccettabile; siamo scienziati indipendenti, senza interessi industriali. Semplicemente, crediamo che prevenire sia meglio che curare. Le ricerche indipendenti che dimostrano chiaramente gli effetti dannosi del BPA in vertebrati e invertebrati sono ormai innumerevoli e più che note». Secondo alcuni bisognerebbe aspettare il parere dell’ EFSA, l’ Autorità europea per la sicurezza alimentare, prima di prendere decisioni: perché chiedere con urgenza un provvedimento restrittivo? «Nessuno ci ascolta da decenni: sappiamo dagli anni ‘ 30 che il BPA fa male. Quanto tempo occorrerà all’ EFSA per pronunciarsi? Noi crediamo che nel frattempo, per prudenza, sia meglio eliminare il BPA dal commercio». Ma è vero che le dosi a cui siamo esposti sono minime? «Nessuno può garantire che piccole dosi non siano dannose; per di più il composto si accumula e può interagire con altre sostanze con effetti moltiplicativi. E c’ è chi, per suscettibilità individuale, potrebbe manifestare conseguenze con dosi irrisorie». In Svezia, Norvegia, Germania e Olanda si è optato per un compromesso, adottando misure per ridurre l’ uso del BPA: che cosa ne pensa? «È una strada compatibile con le esigenze attuali, un primo passo: bandire il BPA è un brutto colpo per l’ industria, lo sappiamo, ma la salute pubblica deve essere più importante. E l’ industria deve trovare alternative innocue per l’ uomo». Voi chiedete anche etichette più chiare… «La gente non sa se nei prodotti che acquista c’ è BPA, né sulle etichette ci sono richiami ai possibili rischi: l’ informazione al pubblico su questa e altre sostanze chimiche con cui veniamo quotidianamente a contatto è scarsissima». Le discussioni di questi giorni infiammano le cronache all’ estero: perché in Italia non se ne parla? «Da noi non ci sono istituti indipendenti che facciano molta ricerca sul tema e possano prendere posizione. E, per cultura, gli italiani tendono sempre ad aspettare che le questioni siano sollevate da altri». Elena Meli

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